La Diffamazione in Diritto Penale

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17 Gen 2012
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Articolo: 595 c.p.
Competenza: Giudice di Pace I e II co.; Tribunale monocratico altre ipotesi
Procedibilità: querela
Arresto: no
Fermo: no
Pena prevista: reclusione fino a 1 anno o multa fino a 1032 Euro per le ipotesi del I co.; reclusione fino a due anni o multa fino a 2065 Euro per le ipotesi previste dal II co.; reclusione da 6 mesi fino a tre anni o multa non inferiore a 516 Euro per le ipotesi previste dal III co..

La diffamazione, in diritto penale italiano, è il delitto previsto dall'art. 595 del Codice Penale secondo cui:
« Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1032.

Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a euro 2065.
Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore ad euro 516.
Se l'offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate. »

Fatto

La norma, con un parziale rinvio al delitto di ingiuria previsto dall'articolo 594 del codice penale, punisce chi, comunicando con più persone, offende l'onore o il decoro di una persona non presente. Tre sono, dunque, gli elementi necessari perché si possa configurare il delitto in esame: l'offesa all'onore o al decoro di taluno, la comunicazione con più persone e, infine, l'assenza della persona offesa.

L'assenza del soggetto passivo si deduce dall'inciso fuori dei casi indicati nell'articolo precedente (che si riferisce all'ingiuria).

Per aversi comunicazione con più persone è necessario e sufficiente che la comunicazione avvenga con almeno due persone, tra le quali non vanno tuttavia compresi gli eventuali concorrenti nel reato. È opinione prevalente in dottrina che la comunicazione diffamatoria possa avvenire a soggetti diversi anche in tempi differenti, consumandosi in tal caso il reato nel momento della comunicazione alla seconda persona. Da cui si deduce che sussiste il reato di diffamazione quando sia esposto il fatto soggettivamente; allora è diffamazione.

Bene giuridico tutelato

La norma appresta tutela al bene giuridico dell'onore (ex Art. 517). Tale nozione, tradizionalmente, racchiude due aspetti complementari, l'uno soggettivo e l'altro oggettivo. In senso soggettivo l'onore è dunque il sentimento e l'idea che ciascuno ha di sé. In senso oggettivo, al contrario, l'onore va inteso come il rispetto e la stima di cui ciascuno gode presso il gruppo sociale. In questa seconda accezione si parla comunemente anche di reputazione.

Cause di giustificazione

Tra le cause di giustificazione comuni che si applicano generalmente alla diffamazione vi sono l'esercizio di un diritto e l'adempimento di un dovere (art. 51 codice penale).

Ai sensi dell'art. 596 del codice penale l'autore della diffamazione non è ammesso a provare la verità dei fatti (exceptio veritatis) se non in casi espressamente previsti.

Il diritto di cronaca e critica

In particolare, i diritti di cronaca e critica trovano fondamento nell'articolo 21 della Costituzione, che sancisce che Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Per risolvere la presunta antinomia di norme fra l'articolo 21 della Costituzione e gli articoli 594 e 595 del codice penale (norme che tutelano anch'esse un bene di rango costituzionale quale l'onore, espressione della personalità umana tutelata dall'articolo 2 della stessa Costituzione) si fa generalmente riferimento alla nozione di limite del diritto.

In particolare, la giurisprudenza, con una lunga opera di interpretazione, ha elaborato dettagliatamente i limiti di operatività del diritto di cronaca; le condizioni, cioè, necessarie affinché il reato di diffamazione venga scriminato dalla causa di giustificazione in discorso. In sintesi, perché operi la scriminante, è necessario: a) che vi sia un interesse pubblico alla notizia; b) che i fatti narrati corrispondano a verità; c) che l'esposizione dei fatti sia corretta e serena, secondo il principio della continenza.

Per quel che concerne il diritto di critica, invece, definito come libertà di esprimere giudizi, valutazioni e opinioni, la dottrina e la giurisprudenza prevalente ricostruiscono le stesse condizioni adattandole alla peculiarità del caso. In particolare, sul requisito della verità, se la critica riguarda un fatto è necessario che soltanto quello sia vero, non potendosi pretendere ontologicamente la verità su opinioni e valutazioni. Viene, tuttavia, richiesto che la critica non si spinga sino ad arrivare all'offesa ed all'umiliazione pubblica dei propri avversari.

La giurisprudenza ha inoltre specificato che per quanto riguarda in particolare la critica politica e sindacale il limite della continenza verbale sia da intendere in modo più ampio, purché la critica non si risolva in gratuiti attacchi personali.

L'esimente della provocazione

Ai sensi dell'articolo 599 del codice penale, secondo comma:

Non è punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti dagli artt. 594 e 595 nello stato d'ira determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso.

Ciò configura la cosiddetta provocazione, comune sia all'ingiuria che alla diffamazione, che è variamente configurata dalla dottrina quale causa di esclusione della colpevolezza, ovvero causa di giustificazione o, infine, quale causa di non punibilità in senso stretto.

Lo stato d'ira e l'immediatezza della reazione ("subito dopo" il fatto ingiusto) vengono interpretate dalla giurisprudenza in senso relativo: vengono applicate infatti anche in casi di diffamazione a mezzo stampa, in cui l'immediatezza della reazione non sarebbe configurabile.

Elementi di differenziazione da figure simili

L'ingiuria differisce dalla diffamazione perché prevede la presenza della persona offesa. La calunnia, in un linguaggio giuridico, prevede invece una denuncia ad una pubblica autorità di qualcuno che si sa innocente. Nel linguaggio corrente con calunnia si intende invece ogni diffamazione che attribuisca falsamente la commissione di un fatto che costituisca reato.

Querela della persona offesa

La disciplina della querela da parte della persona offesa è disciplinata dall'articolo 597 c.p.
« I delitti preveduti dagli articoli 594 e 595 sono punibili a querela della persona offesa.

Se la persona offesa e l’offensore hanno esercitato la facoltà indicata nel capoverso dell’articolo precedente, la querela si considera tacitamente rinunciata o rimessa. Se la persona offesa muore prima che sia decorso il termine per proporre la querela, o se si tratta di offesa alla memoria del defunto, possono proporre querela i prossimi congiunti, l’adottante e l’adottato.
In tali casi, e altresì in quello in cui la persona offesa muoia dopo aver proposta la querela, la facoltà indicata nel capoverso dell’articolo precedente, spetta ai prossimi congiunti, all’adottante e all’adottato. »

Condizione di Procedibilità

Normalmente nell'Ordinamento giuridico Italiano l’azione penale viene esercitata d'ufficio dal P.M., tuttavia nel caso dei Delitti contro l'Onore l’esercizio dell’azione penale è subordinato all’esistenza della querela della parte offesa come condizione di procedibilità.

Modalità dell'esercizio della querela

La Querela (artt. 336-340 c.p.p.): è la dichiarazione con la quale una persona, chiede che si proceda in ordine a un fatto previsto dalla legge come reato. Può essere presentata oralmente o per iscritto al P.M. o ad un ufficiale di P.G. non oltre il termine di tre mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce il reato (art. 124 c.p.). Il diritto di querela, in quanto disponibile, può essere oggetto di rinuncia (art. 339 c.p.p.) e remissione (art. 340 c.p.p.). La remissione per essere valida deve essere accettata dal querelato.

Particolarità nel caso di offese ricevute via Internet

Per le offese ricevute via Internet sono progressivamente emerse prassi particolari, tendenti a semplificare gli adempimenti e a ridurre i costi. In particolare è possibile spostare l'individuazione dei fatti utilizzando l'aiuto delle strutture pubbliche. Ha un uso esteso la presentazione della cosiddetta “querela contro ignoti da identificare” connessa con la notevole difficoltà di individuazione certa dell'autore delle offese. Tale modalità viene spesso usata anche in casi in cui la persona (pluralità di persone/struttura/organizzazione) da cui il querelante ci si senta offeso sia apparentemente identificabile.

Termini temporali per l'esercizio del diritto di querela

Sul termine per l'esercizio agiscono due fattori: la data dell'offesa e la data in cui la persona offesa viene a conoscenza dell'offesa stessa. Il primo termine è di 6 anni. Il secondo termine è di tre mesi, la giurisprudenza interpreta questo termine in senso estensivo.

Prossimi congiunti

In caso di morte della persona offesa il diritto di querela o di rimettere la querela si trasferisce ai prossimi congiunt ovvero all'adottante o all'adottato.

L'espressione “prossimi congiunti” viene definita dall'Art. 307 del C.P. comma 4, come: «gli ascendenti, i discendenti, il coniuge, i fratelli, le sorelle, gli affini nello stesso grado, gli zii e i nipoti: nondimeno, nella denominazione di prossimi congiunti, non si comprendono gli affini, allorché sia morto il coniuge e non vi sia prole». Ad essi si aggiungono l'adottante e l'adottato, ex Art 597 C.P. stesso. L'Art 199 C.P.P comma terzo: estende tali diritti al convivente more uxorio. La giurisprudenza è orientata ad estendere il concetto di prossimi congiunti alle persone coabitanti.

L'azione civile

In diritto italiano la tesi tradizionale vedeva la condanna penale come presupposto per una azione di risarcimento danni.

La materia risulta profondamente innovata dopo che la Corte di Cassazione, prima sezione civile con sentenza n. 5259 del 18 ottobre 1984 ha fissato quello che nel gergo giornalistico è stato chiamato il decalogo. In particolare è stato fissato il criterio, poi recepito unanimemente, che chi sente leso il proprio onore può chiedere direttamente il risarcimento con una azione davanti al giudice civile, senza necessità di una querela in sede penale. Può esserci un illecito civile che non sia anche penale, mentre un illecito penale comporta sempre anche una illecità civile."

La competenza per territorio della diffamazione attraverso internet

La Corte di Cassazione con ordinanza n. 6591 8 maggio 2002 ha stabilito che la competenza territoriale va individuata nel foro dove risiede la persona che si sente offesa dalle affermazioni contenute su pagine web.




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