Sintomi, contagio e cure. Come difendersi dal virus
Alcune Notizie sulla Sars
La Sars (acronimo che sta per Sindrome respiratoria severa acuta), o polmonite atipica, sta dilagando in Cina e a Hong Kong dove si stanno registrando nuovi casi e, purtroppo, nuovi decessi. Molte le domande che ognuno di noi si pone, prima fra tutte, ovviamente, se questo nuovo flagello può investire con la stessa violenza l’Europa e l’Italia. Le contromisure sono in atto, i migliori laboratori di virologia del mondo stanno lavorando a ritmo serrato ormai da settimane e le notizie sulla malattia, sulla sua origine e sulle misure precauzionali da adottare vengono continuamente agggiornate dall’Organizzazione mondiale della sanità e dai Centers for Disease Control di Atlanta negli Stati Uniti (una delle strutture più importanti nel controllo delle malattie infettive). Ecco, allora, le informazioni che possono essere utili a tutti.
Come si manifesta la Sars e qual è il periodo di incubazione?
Si tratta di una malattia respiratoria grave: i casi finora si sono verificati in Asia, in Nord America (soprattutto in Canada) e in Europa. Inizia per lo più con la febbre alta (sopra i 38°) accompagnata talvolta da mal di testa, malessere generale, diarrea. I segni cardine della malattia, come hanno specificato le linee guida pubblicate dalla rivista Lancet , sono la febbre alta, la tosse e/o il respiro corto. Il periodo d’incubazione va da 2 a 7 giorni, ma una serie di segnalazioni fanno ritenere che possa arrivare a 10.
Diffusione della malattia
La via di contagio accertata finora è lo stretto contatto con il malato. La maggior parte dei casi di Sars si è verificata, infatti, in persone che vivevano con soggetti colpiti dalla Sars o che erano entrati in contatto con materiale infetto (ad esempio le secrezioni respiratorie) di un malato. Si ritiene, però, che possa essere sufficiente toccare la pelle o gli oggetti contaminati (in seguito a starnuti o colpi di tosse) e portarsi poi la mano alla bocca, al naso o agli occhi. E’ anche possibile che il virus venga trasportato attraverso l’aria (o per altra via) a maggiore distanza, ma non lo si sa ancora con certezza. Sembra comunque che il virus resista sulle superfici per due-tre ore al massimo. Un altro punto controverso è per quanto tempo il malato è contagioso: le informazioni raccolte finora inducono gli esperti a pensare che lo sia soprattutto quando compaiono la febbre e la tosse.
Sembra, invece, improbabile una trasmissione attraverso il sangue, ma i ricercatori hanno notato la presenza del coronavirus (il virus che al 90% dovrebbe essere responsabile della malattia) nel sangue dei casi analizzati. Ciononostante la Francia ha deciso di escludere dalle donazioni di sangue persone che abbiano fatto viaggi in zone a rischio. Ma probabilmente si tratta di una «superprecauzione».
L’origine della Sars
Scienziati dei Centers for Disease Control di Atlanta e di altri laboratori hanno identificato in una buona percentuale di malati di polmonite atipica un virus mutato che appartiene alla famiglia dei coronavirus, responsabili di solito del comune raffreddore e di alcune forme di gastroenterite. Solo in persone con difese immunitarie estremamente abbassate questi agenti infettivi possono dare malattie respiratorie importanti, come la polmonite. Negli animali, gatti, cani, maiali, topi e uccelli però, questi stessi virus sono capaci di provocare malattie gravi, respiratorie, intestinali, epatiche e anche cerebrali. Nell’attribuire un ruolo a un coronavirus mutato è stato determinante il lavoro di un team di ricercatori diretto da Malik Peiris dell’università di Hong Kong, pubblicato da Lancet , che ha studiato 50 malati di Sars, scoprendo la presenza dell’agente infettivo nel 90% dei casi. Le prove a supporto della responsabilità di un coronavirus mutato sono che è diverso da tutti gli altri virus di questa famiglia e che dalle analisi effettuate sui malati pare emergere una sua presenza recente nell’organismo. Ma la certezza assoluta non c’è ancora. Anzi, alcuni ricercatori sono scettici: pensano piuttosto a un paramyxovirus, virus che, peraltro, è stato identificato in un certo numero di malati. Altri esperti non escludono la compartecipazione di batteri, come la Clamidia o di altri virus.
Si può curare la Sars?
Una cura specifica non c’è e non ci sarà finché non verrà identificato con precisione l’agente responsabile. Ma se si accerterà la responsabilità del coronavirus, si potranno mettere a punto farmaci specifici e probabilmente anche un vaccino. Così come potrebbero rivelarsi efficaci farmaci già in commercio.
Lo sostiene, con invidiabile ottimismo, Julie Louise Gerbending dei Centers for Disease Control di Atlanta in un editoriale comparso di recente sull’autorevole rivista New England Journal of Medicine. Sta di fatto che per ora la malattia viene curata con antivirali non specifici, come la ribavirina e con cortisonici. I test di laboratorio fatti in gran fretta con il nuovo coronavirus non sembrano dimostrare, però, che la ribavirina riesca a bloccare la moltiplicazione del virus nell’organismo.
Le persone colpite vengono, ovviamente, tenute in isolamento e nel 10-20% dei casi hanno bisogno della respirazione artificiale. La mortalità della Sars è però relativamente bassa in confronto all’allarme che ha suscitato la sua comparsa: il decesso si verifica nel 3,5% dei casi.
Esiste un test per la diagnosi?
Non ancora. I Centers for Disease Control di Atlanta in collaborazione con l’Organizzazione mondiale della sanità e altri laboratori, hanno messo a punto test che sembrano promettenti nello «scovare» il nuovo coronavirus.
C’è il rischio di una pandemia?
Ciò che sta accadendo in Cina e a Hong Kong dimostra che la trasmissione di questo virus è estremamente efficiente. D’altro canto le forze che le organizzazioni deputate al controllo delle malattie infettive hanno messo in campo, sia come risorse sia come «cervelli», sono enormi. Si spera, perciò, di arrivare presto a un contenimento della malattia.